Cadere in un buco nero è una brutta cosa per chi viaggia nello spazio?

Piove, la temperatura non è così confortevole… sarebbe uno di quei giorni da tè, biscotti, bagno caldo, candele, libri e poi vino!

Ma qui bisogna affrontare l’A4 e arrivare a qualche compromesso. Libri ne abbiamo, possiamo scaldarci con un rapido caffè e più tardi pensare al vino. Il bagno sarà per la prossima volta, la fretta è amica solo delle docce.

Leggere sull’ibrida con la pioggia è molto romantico e il ritmo della lettura si confonde con le gocciolone da temporale primaverile ma bisogna scongiurare la grandine, i tir che spruzzano acqua e ghiaccio non sono dei buoni compagni di strada!

Stephen ci mette subito di ottimo umore, la sua risposta alla domanda: “cadere in un buco nero è una brutta cosa per chi viaggia nello spazio?”, è chiara e diretta: “Bruttissima. Se si trattasse di un buco nero di massa stellare, verreste ridotti a uno spaghetto prima ancora di raggiungere l’orizzonte.” Quindi per ora niente viaggi dentro i buchi neri neppure con l’Ibrida. La curiosità di sapere cosa si cela all’interno di un punto di densità infinita è enorme ma l’idea di diventare uno spaghetto non è esattamente quello che ci aspettiamo per il futuro.

(Il consiglio del cosmologo è comunque quello di scegliere un buco di più di un milione di masse solari, in quel caso si può raggiungere l’orizzonte senza problemi.)

Quando si verifica un collasso gravitazionale, la gravità dell’oggetto attira verso l’interno tutta la sua materia circostante. Roger Penrose ha mostrato nel 1975 che la gravità è sempre attrattiva e le singolarità si formano anche quando le stelle non sono sferiche e uniformi… Io non riesco a immaginare una stella non uniforme, le stelle le immagino a forma di stella, bisognerà insegnare a Minididi a disegnare stelle anche informi e non a forma di stella?

Hawking ha mancato di poco la prima foto di un buco nero, ma io e Didi siamo sicuri che l’abbia immaginata come più gli piaceva… Lui sapeva che tutti i buchi neri hanno lo stesso aspetto esterno indipendentemente da come si sono formati e da cosa contengono. Sapeva di poterne stabilire la massa, la carica elettrica e la velocità di rotazione e arrivò a scoprire che l’orizzonte degli eventi contiene le informazioni necessarie a dirci ciò che è caduto al suo interno.

Ci chiede di restare sintonizzati e io, Didi e Minididi lo faremo di sicuro, non siamo affatto immuni all’attrazione gravitazionale. L’idea dell’orizzonte degli eventi non è facile da immaginare ma è uno di quei misteri che ci piace affrontare, insomma il confine di un buco nero prima che ne potessimo osservare la foto come dovrebbe presentarsi agli occhi di un profano?

Magari potremmo chiedere a Minididi di disegnare l’orizzonte degli eventi senza mostrargli la foto. Forse potremmo distrarlo qualche istante prima delle lotte/pappa. Disegnare un rilassantissimo universo sarà la soluzione!

Stephen sostiene che: “in linea di principio le leggi ci consentono di prevedere il futuro; in pratica, però, i calcoli sono spesso troppo difficoltosi.” Ho il sospetto che anche prevedere quando finirà lo stress pappa sia un calcolo troppo difficile. Il “caos” è una proprietà delle equazioni che regolano l’universo, come anche il momento cibo… una minuscola perturbazione in un posto, può provocare un grande cambiamento in un altro.

Dal finestrino si vede Superga, segno che siamo quasi arrivati a destinazione, proprio come il nostro scienziato è quasi arrivato a concludere che probabilmente all’interno del buco nero non c’è alcuna perdita d’informazione. Questo ci tranquillizza, perché l’idea che i ricordi possano essere mere illusioni ci lasciava perplessi… i ricordi ci paiono un patrimonio importante, speriamo solo che il primo di Minididi sia molto divertente.

“Altre” forme di vita intelligenti?

Le letture di oggi avranno l’ accompagnamento musicale assicurato, Minididi si è innamorato del jazz e la ripetizione, a un anno e qualche mese, è ancora il segreto più affascinante dell’universo. Chissà se Stephen Hawking gradirebbe un accompagnamento col clarinetto alle sue risposte alle grandi domande…

Io e Didi non abbiamo alternative e anzi ci fa sorridere che la musica e i libri affascinino anche Mini.

Il postprandiale sull’A4 è duro da digerire ma il traffico sembra essere scorrevole e poi abbiamo una gran voglia di leggere questo capitolo; Stephen si chiede se ci siano altre forme di vita intelligenti nell’universo e la sua domanda ci stuzzica in maniera particolare, avendone parlato spesso. Didi desidererebbe con tutto il cuore avvistare un “disco volante”. Ogni volta che esce qualche articolo di giornale che racconta di un nuovo caso di UFO, inizia il lamento…

Ma è un lamento divertente lo ammetto!

Tornando alle grandi domande, ci innamoriamo in fretta delle idee del cosmologo. Anche lui è costretto a chiamare la razza umana: una forma di vita intelligente, nonostante non sia del tutto d’accordo! Soprattutto perché sostiene che non ci siamo dedicati abbastanza alla sopravvivenza della specie. Sarebbe stato un fan di Greta?

Si addentra in un discorso scientificamente complesso (almeno per noi) e ci descrive come la vita si basi su catene di atomi di carbonio uniti a pochi altri tipi di atomi, come l’azoto o il fosforo. Ipotizza che altre forme di vita possano avere qualche altra base chimica. Bello, diverso dai soliti ragionamenti epici e poetici, pensare alla costituzione delle forme di vita, ci pare un pensiero nuovo… ci fermiamo e ne parliamo per qualche chilometro, ne parleranno anche i registi che decidono il prossimo film sugli alieni?

Ci ributtiamo sul libro, i chilometri non sono così tanti tra Torino e Milano quando riusciamo a scegliere gli orari giusti per partire e tra le righe ho intravisto il “principio antropico”. Parole che risuonano tra i cassetti ben chiusi della scuola, per fortuna Stephen sembra conoscere molto bene il nostro livello di preparazione attuale e ci spiega che “(…) se l’universo non fosse stato adatto a ospitare la vita, noi oggi non saremmo qui a chiederci come mai sia regolato con tanta precisione.”

Dovremmo fermarci qui con la lettura, lo ammetto… sono nozioni complesse, bisognerebbe consultare qualche amico esperto che ci prenda per mano un pomeriggio e ci faccia dei disegni alla lavagna ma la curiosità non è appagata e quindi Didi esorta a continuare.

E allora ci addentriamo nel DNA, c’è chi ipotizza che la vita sia arrivata sulla terra da qualche altro posto e che i semi della vita siano alla deriva nella galassia (che immagine incredibile).

Ma la cosa più incredibile che ci racconta Hawking è lo stadio critico che ha raggiunto l’evoluzione umana: il linguaggio! Il linguaggio permette di passare l’informazione da una generazione all’altra attraverso una via diversa rispetto a quella genetica. In sostanza le informazioni che adesso potremmo acquisire per esempio leggendo tutti i libri di una biblioteca nazionale sono esorbitanti e la velocità alla quale è possibile aggiungere informazioni utili supera di milioni di volte quella propria del DNA.

Questo ragionamento ci permette di viaggiare attraverso fasi dell’evoluzione diverse da quella Darwiniana, la fase in cui siamo noi adesso potrebbe essere definita di “trasmissione esterna” e potremmo entrare in quella dell’ “evoluzione autoprogettata”, in cui saremo in grado di cambiare e migliorare il nostro DNA.

Se la razza umana riuscirà ad eliminare il rischio di autodistruzione, potrà colonizzare e diffondersi nello spazio. Anche se, i viaggi interstellari, ci pare siano ancora lontani dall’essere anche solo ipotizzati.

Quindi è così anche per altre forme di vita?, per questo non ci hanno ancora colonizzati?

L’idea di Stephen è che ci siano altre forme di vita intelligenti ma che, finora, siamo sfuggiti alla loro attenzione! Potrebbe essere un’ipotesi affascinante, anche se io e Didi crediamo che qualcuno li abbia visti qui intorno e naturalmente, uno dei sogni di Didi è proprio quello che si manifestino a lui.

Magari un giorno sulla Mi-To preleveranno un paio di tir proprio davanti a noi… e Minididi potrà sussurrare a suo padre che aveva ragione!

“Come è iniziato tutto?” S.H.

Ph Roberto Bertocchi

Altro giro, altra autostrada, altro capitolo!

Caricare l’ibrida anche solo per una scampagnata è sempre un’impresa importante; da una parte io e Didi non abbiamo mai imparato l’arte dell’incastrare nel baule, dall’altra se l’orario della scampagnata prevede anche il pranzo e la nanna di Mini Didi allora gli oggetti si moltiplicano per magia e per dieci minuti buoni avviene “l’urlo dell’elenco”.

“L’urlo dell’elenco” è un botta e risposta parecchio concitato in cui vengono nominati oggetti fondamentali (almeno ritenuti tali) da portarsi dietro per la giornata. Ogni volta è come se dovessimo partire per un mese alla ricerca di antichi tesori mesopotamici… magari un giorno lo faremo, dev’essere un’avventura interessante!

Il viaggio di oggi è più corto e non prevede grande traffico, ma Stephen e il secondo capitolo delle sue risposte alle grandi domande ci guardano dal cruscotto e Didi al primo semaforo sembra chiedersi come mai ancora non abbiamo iniziato a leggere.

Bene e allora partiamo… il titolo è invitante e Hawking sa perfettamente come accaparrarsi tutta la nostra attenzione a partire dalle prime righe, in cui cita Amleto, (con noi certo vince facile). Il riferimento al poter vivere confinato in un guscio di noce e tuttavia ritenersi signore di uno spazio sconfinato credo abbia fatto parte della sua vita ogni secondo, per fortuna Stephen non si è mai arreso.

Ci racconta del popolo Bushongo (di cui mi piacerebbe approfondire la conoscenza) e del loro mito della creazione. Si, perchè i miti della creazione tentano di rispondere alle domande che tutti ci poniamo sull’origine del mondo come lo conosciamo, ma anche Aristotele ci ha provato, Kant ha fatto altrettanto e l’elenco potrebbe essere quasi infinito (come l’universo?).

Tornando al nostro scienziato e al suo pensiero, ci troviamo ancora una volta di fronte ad Einstein e alla teoria della relatività generale e se spazio e tempo sono definiti soltanto all’interno dell’universo non ha senso parlare di un tempo prima dell’inizio di tutto.

Stephen Hawking e Roger Penrose elaborano teoremi geometrici (difficile anche solo il concetto per me e Didi) per dimostrare che, se la teoria della relatività generale di Einstein era corretta, e venivano soddisfatte alcune condizioni ragionevoli, l’universo doveva aver avuto un inizio.

Ci immergiamo nell’idea dell’infinito, ci vogliono una gran fantasia e ottime capacità di crearsi immagini complesse ma non siamo ancora riusciti a farlo che ci imbattiamo nella teoria delle molteplici storie dell’universo di Feynman oggi accettata come dato scientifico. Possibilità e probabilità particolari ci sommergono e ci viene una gran voglia di rivedere il film Sliding Doors… sarà per la prossima nanna di Mini Didi!!!

Il paesaggio cambia, siamo nel Canavese e le vigne crescono, il capitolo complesso si fonde con i cieli tridimensionali della campagna… abbiamo tempo e spazio per riflettere sull’universo e credo che un bicchiere di nettare degli Dei (qui è l’Erbaluce il cui mito è meraviglioso) non possa che aiutare questi pensieri magici.